Pedalo per le stradine dove sono diventato grande, con fare lascivo e nemmeno troppo concentrato.
Penso a 56 anni vissuti qui, a mille ricordi, alla mia famiglia, ai sapori che non cambiano mai, e tutto questo dedalo di viuzze che ricordo con il motorino e che anche loro restano uguali a sempre.
Forse qualche albero in meno per il ciclone, ma lo stesso quei suoni sono lì. La bella vita di Forte dei Marmi, i negozi del lusso, i cafoni del presunto elegante, i parcheggi invivibili e inventati, il senso dell'apparenza che lotta con la sostanza.
Poi in queste viette discoste vedo bambini piegati in due in carrozzine per spostarli, con mani sudate amorevoli su manici di gomma che lasciano stimmate per la spinta, saliva che cola dalle bocche, cappellini impensabili per proteggere teste martoriate. E lì sempre persone con un sorriso, un'attenzione, una carezza, una spinta decisa e dolce, a dire che ci siano e che l'amore sappia essere più forte della Macan.
Li guardo sul lungomare, li sento dentro a me, colgo la fatica del vivere di chi abbia deciso di dar loro una dignità e una speranza o anche solo una presenza.
Appoggiati ad un cancello con spasmi del movimento, protetti dalle gomme falcidianti, sono angeli che vagano per il Forte e che per me sono in centro, cancellando i negozi e lo spavaldo apparire.

Perchè per me loro sono l'apparizione, dell'amore.