Ti dicono sempre che passa, che il tempo medica ogni ferita, che poi vincerà il ricordo. Non è vero, almeno per me, proprio no. E' come portare dentro una cicatrice che non si sutura davvero mai e che anzi in presenza di uno sforzo inatteso riprende a sanguinare. Non sono più lo stesso da quel 15 ottobre 2020, perché Simona rappresentava per me una specie di ultimo baluardo ed anche il residuo della mia famiglia. Da allora sono solo. Solo io e un pozzo di ricordi. Simo teneva insieme tutti noi obbligandoci a restare bozza di famiglia, subito dopo .... puff.... lo sgretolamento. Le mamme sono questo: sono il collante, quelle che con le unghie tengono unite e insieme cose e famiglia che insieme non starebbero, e non lo eseguono per forzatura ma per una magica commistione tra speranza e senso del dovere. Sono capaci di chiamare padri negletti solo per un bene più grande, come reggere fatiche nella gestione multiforme di figli e figlie.

Ho scoperto si possa un poco morire per sempre restando qui, è una sensazione nuova per me, non l'avevo provata per mamma e papà come fossero un destino prevedibile. Ma Simo no, non doveva andare così. Poche ore prima di morire si è raccomandata di essere felice e di non avere paura di cercarla da vivo, lei l'aveva in parte troppo rimandata, specie nella sfera più privata. Chissà se imparerò mai. Non sono un granchè per nulla. La incrocio ogni giorno in me e in questo senso è vero che le persone che amiamo non muoiano mai se non nella sciocca dimenticanza.

Ma la lacerazione permane e mi incita a vivere vivere vivere mordendo ogni cosa ogni attimo. La sua vita è volata via, la mia si è resa passo alpino tutte curve, spero solo che lassù la vetta nelle nubi sia finalmente luogo di gioia e tanto sole atteso.