Ti chiedono come vada il lavoro ed io davvero non posso lamentarmi.

Ho commesso errori nella mia vita, chiesto scusa, ricominciato e rialzato.

Insomma le cose vanno.

A volte nel dirlo mi sento fuori posto perché gli occhi e il cuore vedono così non sia per molti, per troppi.

Allora provi a dirlo piano, in silenzio, senza esagerare, per non ferire, per non urtare, per non farti invidiare.

E poi cosa vuol dire andare bene ? E’ soggettivo, lo senti dentro, non è solo risultato di soldi, ma del tuo personale attorno, delle persone che ami e che ti amano, di come ti lasci vivere e entrare.

In questi tempi bui, pieni di lacerazioni e persone che soffrono con una dignità che li rendi muti e spenti, di pochi bagliori e un senso pressione che ti mangia lo stomaco, proprio ora, proprio adesso avrei voglia di dire che dobbiamo a provare a vincere, ma tutti insieme.

Magari meno, magari più piccolo, ma insieme: che gioia si prova a essere con un coppa nel vuoto ? Io sogno di averne una piccola piccola ma di sguardarmi in giro e vederne altre, in altre mani, in altri cuori, in altre famiglie, in altre vite.

Vincere soli non mi piace, non mi regala nulla, non ci regala il bello dello stare insieme, difficile, retorico, utopico, ma che se cercato con amorosa dedizione può dare risultati prodigiosi.

L’economia, il mercato, il consumo ci hanno indebolito, piegato, devertebrizzati, spenti. Forse questa fatica che tutti insieme stiamo consumando è la catarsi verso il semplice e il bello, il puro e il vero.

Forse riusciremo, a vincere, anche poco, ma di nuovo, tutti insieme, nessuno escluso.